Fruizione delle Ferie maturate nell'anno 2022
- Alberto Lepschy
- 7 giu 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 10 giu 2024
Entro il prossimo 30.6.2024, i datori di lavoro dovranno provvedere affinché i propri dipendenti fruiscano delle ferie maturate nell’anno 2022.
Si ricorda, infatti, come l’art. 10 del DLgs. 66/2003 stabilisca il diritto per il lavoratore di godere di un periodo di ferie annuale non inferiore a 4 settimane. Di queste:
2 devono essere fruite in maniera continuativa nel corso dell’anno di maturazione;
le restanti 2 settimane devono essere fruite nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
In caso di mancato rispetto del termine, per i datori di lavoro inadempienti consegue l’obbligo di versare la contribuzione dovuta all’INPS e l’applicazione di sanzioni amministrative.
Tutela costituzionale
Il diritto irrinunciabile alle ferie è sancito a livello costituzionale dall’art. 36 Cost. ed è funzionale al recupero delle energie psico-fisiche che il dipendente ha investito nello svolgimento della prestazione lavorativa, nonché per consentire allo stesso di realizzare le esigenze afferenti alla sua vita sociale e familiare.
Ne consegue che il periodo minimo feriale stabilito dalla legge non può essere sostituito da un’indennità retributiva – fatta salva l’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro – in quanto la monetizzazione non consentirebbe l’effettivo ristoro delle energie impiegate dal dipendente nel corso dell’anno. La monetizzazione è peraltro ammessa quando riguarda le ferie aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva, oppure quelle maturate nel corso di un contratto a tempo determinato inferiore a 12 mesi (circ. Min. Lavoro 8/2005).
Ferie relative al 2022
In relazione all’anno 2022, le 2 settimane di ferie dovevano essere fruite dai lavoratori entro il 31.12.2022, mentre le ulteriori 2 devono essere godute entro il 30.6.2024.
Si precisa che la contrattazione collettiva può intervenire in deroga rispetto a quanto stabilito dalla norma di legge, prevedendo giorni di ferie aggiuntivi rispetto al periodo minimo di 4 settimane, oppure posticipando il termine di fruizione dei 18 mesi.
Obbligo contributivo
Come accennato, per tutti i datori di lavoro che entro il prossimo 30 giugno non adempieranno all’obbligo in argomento, è previsto l’insorgere dell’obbligo di versamento della contribuzione all’INPS.
In particolare, il momento impositivo del compenso per ferie non godute si considera realizzato al 18° mese successivo al termine dell’anno di maturazione, o al diverso termine stabilito dalla contrattazione collettiva di riferimento. I datori di lavoro dovranno pertanto sommare alla retribuzione del mese successivo a quello di scadenza delle ferie anche l’imponibile relativo al compenso per ferie non godute, ancorché non ancora corrisposto (circ. INPS 15/2002 e 162/2010).
Si precisa che il termine relativo all’obbligo contributivo viene sospeso al verificarsi di eventi che interrompono temporaneamente l’attività lavorativa, quali ad esempio:
l’astensione per maternità;
l’assenza per malattia e infortunio;
l’intervento della Cassa integrazione ordinaria o straordinaria (CIGO o CIGS).
La sospensione avrà una durata pari a quella dell’impedimento e decorrerà nuovamente dal giorno in cui il lavoratore riprenderà servizio.
In ogni caso, i lavoratori conservano il diritto a fruire delle ferie non godute anche successivamente alla loro scadenza.
Al ricorrere di tale ipotesi, avendo già versato all’INPS la relativa contribuzione previdenziale, i datori di lavoro modificheranno in diminuzione l’imponibile dell’anno e mese nel quale è stato assoggettato il compenso per ferie non godute.
Regime sanzionatorio
In caso di violazione del termine entro il quale le ferie devono essere fruite, l’art. 18-bis del DLgs. 66/2003 prevede le l’applicazione di sanzioni amministrative il cui importo può variare:
da 120,00 a 720,00 euro per violazioni riguardanti un solo anno e riferite fino a 5 lavoratori;
da 480,00 a 1.800,00 euro per violazioni riguardanti più di 5 lavoratori o che si sono verificate in almeno 2 anni;
da 960,00 a 5.400,00 euro se i lavoratori coinvolti sono più di dieci o per violazioni che si sono verificate in almeno 4 anni.
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